SOLIDARIETA' CONCRETA

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lunedì 2 dicembre 2013

DIRITTO ALLA RESISTENZA - LA VALLE NON SI ARRESTA

Bussoleno 7 dicembre Teatro Don Bunino  dalle h. 10.00 
La criminalizzazione in atto contro il movimento notav è una strategia giocata su più fronti, che nel suo agire in maniera coordinata tra le parti assume molteplici aspetti e rivela la volontà di abbattere una resistenza popolare che da oltre vent’anni si batte, con metodo e condivisione, contro un’opera imposta con la forza.
La storia del movimento notav è cristallina, così come lo è la sua lotta, fatta da momenti di partecipazione elevatissima che costituiscono la forza reale di una comunità che si è trasformata, in movimento, passo dopo passo.
Una delle caratteristiche preponderanti degli ultimi anni di azione del movimento è rappresentata da una ricerca continua nel portare avanti le proprie istanze, praticando il conflitto e costruendo sempre maggior consenso attorno a sè.
Pratiche liberanti come quelle delle Libere Repubbliche sono oggi nel mirino della magistratura, così come la resistenza legittima che il popolo notav compie contro un cantiere e un apparato militare che più passa il tempo e più appaiono un corpo estraneo ad un territorio e alla sua popolazione.
Oggi ci sono più soldati in Valsusa che in Afganistan, sintomo che la lotta del popolo valsusino fa paura al potere delle lobby del Tav, che sempre più sono sinonimo di Stato.
Nell’ultimo periodo i reati contestati ai notav sono cresciuti di qualità arrivando ad indagare alcuni giovani per terrorismo ed eversione.
Il movimento, imbattibile politicamente, lo vorrebbero sconfitto nei tribunali e sulle pagine dei giornali, mettendo in atto una strategia articolata e battezzata da figure illustri di entrambi i campi.
Nonostante questo, il movimento notav non si arrende e prosegue il cammino della lotta popolare con determinazione, affermando nel momento in cui è sotto attacco, il proprio Diritto alla Resistenza, vivendolo, praticandolo, organizzandolo.
Il nostro e quello dei movimenti sociali è un diritto che non ha giurisprudenza, ma è in essere nelle lotte e nei movimenti che si battono per cambiare radicalmente l’esistente.
Di questo discuteremo il 7 dicembre, smontando pezzo per pezzo la strategia di criminalizzazione e repressione nei confronti del movimento notav, affermando ancora una volta il nostro Diritto alla Resistenza.

Programma
mattino ore 10.00  tavola rotonda
 -la risposta giudiziaria e repressiva: misure cautelari, fogli di via, il concorso di persone nel reato, il salto di qualità dell’estate 2013, la nuova categoria interpretativa del terrorismo
Rel. Avv Claudio Novaro
-Il ruolo dei media  nel conflitto: Noi non chiediamo ai media di essere razionali, noi li rendiamo razionali. Le loro parole, i loro obiettivi, i loro perché.
Rel Maurizio Pagliassotti – giornalista
-Alta velocità nel diritto ‘No Tav’: confronto fra tempi e risorse contro e pro No Tav; l’Operazione Hunter; l’uso dei gas lacrimogeni.
Rel avv. Stefano Bertone
-Conflitto sociale e magistratura: i processi in corso in altre città italiane, il reato di devastazione e saccheggio, i reati associativi.
Rel Avv. Simonetta Crisci 
-La militarizzazione del territorio valsusino e le conseguenze sulla vita delle persone: la libertà di circolazione.
Rel. avv Emanuele D’Amico
-Il diritto di resistenza nelle lotte e nelle costituzioni in America Latina.
Rel. Maria Teresa Messidoro
- Libertà d’espressione: segnali preoccupanti in rete
Rel. Carola Frediani, giornalista 
Pranzo h 13.00 
h.14 Proiezione inedita di Fermarci è impossibile
Il racconto in immagini, dentro il movimento, degli ultimi tre anni di lotta No tav in Valsusa, dal periodo dei sondaggi del 2010 alle ultime iniziative dell’estate 2013
a cura di: Centro Sociale Askatasuna – Comitato di Lotta Popolare
A seguire assemblea con interventi di:
- Ordine pubblico e conflitto sociale: il processo per devastazione e saccheggio dopo il G8 di Genova 2001
rel. Campagna 10×100
-Presentazione della campagna “Se non con Marta quando? Se toccano una toccano tutte“
rel. Movimento notav Pisa
 
- Malapolizia – Un’inchiesta-verità sugli abusi di polizia in Italia.
 Rel. Adriano Chiarelli
-Autodifesa digitale: gli smartphone
rel. InfoFreeFlow (Bologna) e Cyber Resistance (Milano)
- Oltre il 15 Ottobre 2011: la libertà di movimento ai tempi dell’austerity.
Rel L.o.a Acrobax/Supporto legale 15 Ottobre

-Noi saremo tutto  ” La tortura è di stato! Rompiamo il silenzio “
Rel. Collettivo Militant
-Campagna Amnistia Sociale – Osservatorio sulla Repressione.
Rel. Italo Di Sabato
A cura del Movimento NOTAV
Supportato da Mutuo Soccorso Bandito



da www.notav.info


"Quando i pubblici poteri violino le libertà fondamentali ed i diritti garantiti dalla costituzione, la resistenza all’oppressione è diritto e dovere del cittadino”.  (proposta di Giuseppe Dossetti, democristiano, per l'art. 50 della Costituzione italiana, 1946)

Per leggere tutto l'interessante contributo di Giorgio Giannini, ricercatore e storico, cliccare sul link: Il Diritto di Resistenza nella Costituzione Italiana 




domenica 10 novembre 2013

Notizie di Euridice di Erri De Luca

"Euridice alla lettera significa trovare giustizia. Orfeo va oltre il confine dei vivi per riportarla in terra. Ho conosciuto e fatto parte di una generazione politica appassionata di giustizia, perciò innamorata di lei al punto di imbracciare le armi per ottenerla. Intorno bolliva il 1900, secolo che spostava i rapporti di forza tra oppressori e oppressi con le rivoluzioni. Orfeo scende impugnando il suo strumento e il suo canto solista. La mia generazione e scesa in coro dentro la rivolta di piazza. Non dichiaro qui le sue ragioni: per gli sconfitti nelle aule dei tribunali speciali quelle ragioni erano delle circostanze aggravanti, usate contro di loro.

C’è nella formazione di un carattere rivoluzionario il lievito delle commozioni. Il loro accumulo forma una valanga. Rivoluzionario non è un ribelle, che sfoga un suo temperamento, è invece un’alleanza stretta con uguali con lo scopo di ottenere giustizia, liberare Euridice.

Innamorati di lei, accettammo l’urto frontale con i poteri costituiti. Nel parlamento italiano che allora ospitava il più forte partito comunista di occidente, nessuno di loro era con noi. Fummo liberi da ipoteche, tutori, padri adottivi. Andammo da soli, però in massa, sulle piste di Euridice. Conoscemmo le prigioni e le condanne sommarie costruite sopra reati associativi che non avevano bisogno di accertare responsabilità individuali. Ognuno era colpevole di tutto. Il nostro Orfeo collettivo e stato il più imprigionato per motivi politici di tutta la storia d’Italia, molto di più della generazione passata nelle carceri fasciste.

Il nostro Orfeo ha scontato i sotterranei, per molti un viaggio di sola andata. La nostra variante al mito: la nostra Euridice usciva alla luce dentro qualche vittoria presa di forza all’aria aperta e pubblica, ma Orfeo finiva ostaggio.

Cos’altro ha di meglio da fare una gioventù, se non scendere a liberare dai ceppi la sua Euridice? Chi della mia generazione si astenne, disertò. Gli altri fecero corpo con i poteri forti e costituiti e oggi sono la classe dirigente politica italiana. Cambiammo allora i connotati del nostro paese, nelle fabbriche, nelle prigioni, nei ranghi dell’esercito, nella aule scolastiche e delle università. Perfino allo stadio i tifosi imitavano gli slogan, i ritmi scanditi dentro le nostre manifestazioni. L’Orfeo che siamo stati fu contagioso, riempì di sé il decennio settanta. Chi lo nomina sotto la voce “sessantotto” vuole abrogare una dozzina di anni dal calendario. Si consumò una guerra civile di bassa intensità ma con migliaia di detenuti politici. Una parte di noi si specializzò in agguati e in clandestinità. Ci furono azioni micidiali e clamorose ma senza futuro. Quella parte di Orfeo credette di essere seguito da Euridice, ma quando si voltò nel buio delle celle dell’isolamento, lei non c’era.

Ho conosciuto questa versione di quei due e del loro rapporto, li ho incontrati all’aperto nelle strade. Povera è una generazione nuova che non s’innamora di Euridice e non la va a cercare anche all’inferno."


dall'Agenda 2014 di Magistratura Democratica

sabato 19 ottobre 2013


Là nella Valle: 6 / Natale afgano
di Sandro Moiso
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“No!”
“Come no?!”
“Non me lo avevate detto!”
“Cosa non ti avevamo detto?”
“Quello che dovevo fare...pensavo di passare il Natale con i miei..”
“De Gennaro che cazzo dici! Da quando pensi di decidere tu cosa farai del tuo tempo?”
“Beh, io...”
“L’hai sentito Monti cosa ha detto: Basta con i corporativismi!”
“Sì. Ma adesso Lui non c’è più...”
“E Napolitano allora? Neanche Napolitano non c’è più?”
“Sì, vabbè...ma tra un po’ anche Lui non ci sarà più...”
”Per adesso c’è e te lo tieni e poi lo hai capito o no che l’agenda di governo non cambia...con o senza Monti!”
“Non so, ma in fin dei conti io ho già fatto dei turni molto lunghi in Clarea...”
“Tu hai solo fatto un sacco di cazzate! In Clarea e altrove! E adesso piantala e vedi di adeguarti agli ordini se non vuoi sostituire La Russa e gli altri nel tunnel radioattivo! Capito?!”
“Obbedisco!”
“Bene. Allora, come ti dicevo, il Ministero degli Interni ti ha organizzato una bella trasferta natalizia e un compito importante...”
“Ma mi aumenteranno lo stipendio?”
“Non pensarci nemmeno... e già tanto se non te lo decurtano.”
“Ma, insomma, mica potete ricattarmi così...”
“Non è un ricatto, è la spending review. Non è un fatto personale, ma se non guadagni almeno 150mila euro all’anno sei uno che allo Stato costa troppo e devi fare qualche sacrificio. Il posto val bene una tassa, no?!”
“Sì, sì ha ragione...”
“Certo che ho ragione! Ma adesso lascia che ti dica cosa devi fare e dove devi andare.”
“Ok.”
“Dovrai addestrare la nuova polizia afgana.”
“Cosa?! La polizia afgana? Ma là ci fanno la pelle e spesso sono proprio gli agenti che sono addestrati dai nostri colleghi e dagli americani che poi ci sparano addosso...”
“De Gennaro, tranquillo è tutto sotto controllo. E poi non dovrai andare tu là, ma saranno loro a venire qua. Contento?”
“Detta così mi piace di più... e dove li dovrei addestrare esattamente? A Roma?”
“Sì, a fare i gladiatori al Colosseo! Ma vuoi stare un po’ zitto e non fare tute queste stupide domande?”
“ Ha ragione, mi scusi.”
“Ben detto. Allora ecco i dettagli: ti saranno affidati trenta nuovi agenti afgani e tornerai con loro in Clarea per addestrarli dal 15 dicembre a fine febbraio.”
“In Clarea? Ad addestrarli?! Perché lì?”
“Semplice, perché i talebani durante l’inverno sospendono le attività, mentre i No Tav, in Val di Susa, no!”
“Quasi, quasi preferivo...”
“Quello che preferisci non conta un cazzo! E adesso vai, riceverai ordini più precisi tra qualche giorno.”
“Va bene, ma lì il terreno è radioattivo...”
“ Non ti preoccupare, alloggerete lontano dallo scavo. Nella parte alta del cantiere.”
“Nel Museo?”
“No, nelle tende. Occorre riprodurre la situazione afgana dal punto di vista ambientale”.
“Ma farà un freddo porco...”
“Anche in Afganistan d’inverno fa un freddo porco, quindi...adesso...TOGLITI DALLE PALLE E NON DIRE PIU’ NULLA!!!
Fu così che, dopo qualche giorno, l’agente scelto De Gennaro si ritrovò ancora una volta in Val di Susa. Accompagnato da trenta afgani dalle facce tristi.
E poiché i trenta agenti erano tutti islamici, tutti i derivati della carne di maiale e tutti i tipi di alcolici erano rigidamente proibiti.
Gli veniva da rimpiangere i turni precedenti con Muraro, Manganelli e gli altri.
E poi questi agenti che gli erano stati affidati parlavano peggio dei valligiani.
Non si capiva un cazzo di quello che dicevano e ci si intendeva solo a gesti.
Sì, qualcuno di loro parlava un po’ di inglese, ma De Gennaro proprio non ci stava con la lingua della perfida Albione. Fin dalle medie: respinto due volte in seconda media proprio a causa di quella materia (beh, sì poi anche di altre quattro o cinque...).
E adesso esercitazioni con scudi di plexigas e manganelli lì, sugli spiazzi innevati del cantiere.
Qualche lancio di lacrimogeni, uso della maschera anti-gas...insomma tutte cose facili da spiegare anche a gesti. E poi, ogni tanto, pattugliamento nei boschi vicini.
Quelli dovevano essere proprio capre di montagna, pensava De Gennaro, stavano in piedi, su quei sentieri ghiacciati, dove lui ad ogni passo rischiava di batter delle gran culate.
“Piano, piano, fate attenzione” continuava a ripetere, più che altro per costringerli a tenere il suo ritmo. Incerto e lento.
Però, erano proprio brava gente: non si lamentavano mai per i turni di sorveglianza notturna lungo le reti. Almeno continuò a pensarla così per qualche sera, fino a quando non si accorse che, in prossimità del cancello più in alto, gli afgani confabulavano e ridevano con qualcuno che comunicava con loro dall’esterno.
“Ecco, ci siamo – pensò – questi preparano un attentato e lì fuori ci sarà qualche cazzo di immigrato salafita terrorista e chissà che altro?!”
De Gennaro si avvicinò cautamente.
I tre agenti afgani stavano tranquillamente fumando e quando lo videro avvicinarsi gli rivolsero un sorriso e un gesto di saluto. Sembrava esserci nessun altro là fuori.
“Mi sarò sbagliato, sarà stato il vento tra i rami...solo quelle sigarette mi sembrano un po’ sovradimensionate. E poi che strano odore...valli a capire”.
Deciso a sorvegliarli ancora, prima di chiamare i superiori, De Gennaro ricambiò sorriso e saluto e proseguì nel suo giro di ispezione.
La catastrofe giunse qualche giorno dopo, la sera della vigilia di Natale.
Beh, già la telefonata per gli auguri a casa era stata deludente.
“Risponde la segreteria telefonica della famiglia De Gennaro. Lasciate un messaggio dopo il segnale acustico...”. De Gennaro chiuse il cellulare. Che cazzo poteva lasciar detto alla segreteria?
Si preparò a tagliare il panettone Coop, offerto al cantiere dalle cooperative rosse, quando si accorse che tutti gli afgani erano scomparsi. In affanno, ma cercando di mantenere la calma, volse lo sguardo intorno.
Niente e nessuno.
Fece il giro del cantiere e in prossimità dell’ingresso sulla strada dell’Avanà sentì ridere e vide le braci di numerose sigarette accese. Dentro e fuori il recinto.
Gli afgani erano là. Fumavano tutti e qualcuno di loro stava tagliando piccole parti da un panetto di materiale nero e untuoso.
“Cazzo!! Il C4! Proprio la sera di Natale...”
Ma gli afgani, vedendolo, iniziarono a fargli grandi segni di saluto invitandolo ad avvicinarsi.
Cautamente si avvicinò. Là fuori c’era altra gente.
Capelloni, ragazzi con i dreadlock. Ragazze con cuffie colorate e kefie.
Comunque bianchi. E fumavano tutti intendendosi a gesti e con qualche parola di inglese con gli afgani, mentre le sigarette passavano dentro e fuori le reti.
Il fulmine accecante della logica bianca colpì De Gennaro peggio del martello di Thor.
"Quelli si stanno a far le canne coi No Tav!!"
Addirittura qualche agente stava scambiando il proprio copricapo tradizionale pashtun con qualche maglietta con su scritto La Valle che resiste.
Doveva prendere immediatamente dei provvedimenti.
Sì e quali? Chiamare i comandi? La sera di Natale...l’avrebbero trasferito in Libia.
Si avviò, tra il mogio e l’incazzato, verso il capannello di persone.
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Un agente gli offrì lo spinello sovradimensionato che stava fumando. Alzò la mano per respingerlo, ma poi colse gli occhi azzurri e il sorriso di una ragazza che, da oltre la barriera, gli stava dicendo “Forza agente, si faccia un tiro anche lei! E’ Natale...”
“Ma sì, vaffanculo – pensò – tutti a farsi i cazzi loro: parenti, dirigenti e afgani. E io qui a far il coglione..”. Prese lo spinello e tirò, tirò, aspirò e poi tirò ancora.
FLASH!! “Come cazzo era già quel telefilm dove agenti andavano avanti e indietro da una porta che comunicava con le altre dimensioni...Stargate?” Ecco, uguale. De Gennaro entrò in un’altra dimensione.
Che belli quei sorrisi bianchi degli afgani e quello dei ragazzi fuori e tutte quelle stelle... cazzo era stato lì per mesi e non le aveva mai notate. Aspirò avidamente ancora.
“Sento la musica...” furono le sue ultime parole prima di stramazzare nella neve.
Si risvegliò all’alba. Quasi ghiacciato.
Aprì lentamente gli occhi e ci mise un po’ a capire dov’era.
Non con chi era perché lì non c’era più nessuno.
E neanche al campo. Gli afgani avevano lasciato lì divise e sacchi. Ed erano scomparsi.
Solo a quel punto prese il cellulare e digitò il numero riservato, con le dita intirizzite.
“De Gennaro – rispose una voce infuriata, dopo numerosi squilli- che minchia c’è adesso, sono le sette del mattino di Natale!!”
“Sì, lo so. Mi scusi, ma è successo un guaio...”

(6 – continua?)

da CarmillaOnLine



domenica 13 ottobre 2013

MARTEDÌ 15 OTTOBRE 2013 – ORE 21 – PRESIDIO NO-TAV DI VENAUS


Rivoluzione in Siria
Prospettive anti-autoritarie

Il discorso mediatico sulla situazione siriana è dominato da considerazioni geopolitiche, dalla questione dell’intervento militare straniero e dall’imporsi dei gruppi islamisti e settari. Questioni di vitale importanza, senza dubbio, ma che hanno offuscato una reale comprensione di quale sia la situazione della lotta popolare sul campo.
Nell’incontro verrà fornita una panoramica sulle principali componenti del conflitto siriano, da quelle progressiste a quelle reazionarie, sia sul piano locale che su quello regionale e globale, con un’attenzione particolare alle questioni della resistenza popolare e della solidarietà internazionale.
La relatrice, Leila Shrooms, di origini siriane, ha lavorato per anni come attivista per i diritti umani in Siria. È co-fondatrice di Tahrir-ICN, un network per la costruzione di connessioni tra i movimenti anti-autoritari in Medio Oriente, Nord Africa ed Europa.

mercoledì 9 ottobre 2013

NEMICO PUBBLICO A VILLARDORA domenica 13 ottobre ore 15.00


Salone polivalente di via Pellissere 15


Domenica 13 ottobre, a Villardora al polivalente di Via Pellissere ore 15, presentazione della seconda edizione di Nemico Pubblico, il libro che sta facendo arrabbiare giornalisti e magistrati.
Sarà presente Wu-Ming che ha contribuito alla stesura del testo.
Il libro sta andando oltre ogni aspettativa e da metà agosto ad oggi abbiamo spedito circa 1000 copie in giro per l'Italia e continuiamo ad avere richieste, tanto che domenica sarà presentata la seconda edizione con una copertina rivista, una vignetta del fumettista Zerocalcare, una fiaba e gli aggiornamenti su Marco, il protagonista del libro.

mercoledì 2 ottobre 2013

FATE QUALCOSA!!!



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Fate qualcosa.
La rete di persone che in questi lunghissimi anni è stata tessuta in Italia e anche all’estero si fa viva con telefonate, e-mail, sms per chiedere che si faccia qualcosa (con urgenza), che ci si materializzi per cercare di arginare la valanga di fango che scientificamente orchestrata tenta di sommergerci. (Fate qualcosa).  Ma come, ancora? Pensavamo di aver fatto e detto/di tutto. Cos’altro ci dobbiamo ancora inventare? Strano come questa domanda rappresenti bene il quotidiano femminile (domanda storica). Sempre pronte ad interrogarci a inizio come a fine giornata: Ho dimenticato qualcosa? E’ tutto a posto? Ho fatto tutto? (come sempre e sempre di più delegate a coprire le mancanze dello stato sociale).
Questa volta in ballo c’è la difesa di un grande movimento popolare, di più, c’è una storia di oltre vent’anni dove ogni giorno è stato vissuto con intensità. Migliaia di persone quotidianamente hanno contribuito a renderla concreta mettendoci la faccia, portando idee, rendendosi disponibili, finanziandola. Una lotta, un’esperienza di territorio che molti non esitano a definire unica e che è partita e ha messo le sue basi non su un preconcetto ideologico ma studiando i progetti, i flussi di merci, l’impatto ambientale, i costi, verificando sul campo i dati in possesso. Negli anni è cresciuta anche la consapevolezza di avere fra le mani, di veder crescere qualche cosa che va oltre la semplice opposizione ad una grande opera inutile e devastante. Un modello di presa di coscienza collettiva che difficilmente può retrocedere, anzi, si allarga assumendo in sé tutti i temi più attuali: dal lavoro, ai servizi, alla sanità ecc. Partecipando e interrogandosi sempre.
Come ora. Ci si interroga sui fatti accaduti, sul significato che tutto questo assume, è un clima pesante, opprimente e sentiamo soprattutto ingiusto. E’ tale la violenza del linguaggio usato, la sproporzione dei racconti sui fatti realmente accaduti che vengono a mancare le parole per spiegare ai nostri figli increduli (e smarriti). Vediamo e sentiamo raccontare da giornali e Tv una storia che Non ci appartiene. Non siamo un problema di ordine pubblico, siamo una risorsa per questo Paese, siamo una risorsa perché in tutti questi anni il movimento è diventato una comunità critica, consapevole, che sa scegliere. E’ questo che fa paura?
Rivendichiamo il diritto alla partecipazione e alla gestione della cosa pubblica nel rispetto del bene comune e della volontà della popolazione.
Fate qualcosa, ci chiedono da tutte le parti.
Possiamo per esempio fare due conti (siamo abituate a far quadrare bilanci), e dunque siamo consapevoli dello spreco enorme di denaro pubblico sia per l’opera e sia per la badanza armata all’opera. E’ evidente che le dichiarazioni dei ministri che si dicono pronti a sborsare laute ricompense facciano venire l’acquolina in bocca a molti: imprenditori avvezzi a trafficare con fatture false, giri strani, fallimenti e nuove società a scatole cinesi. A chi ha sperato di guadagnare dalle olimpiadi costruendo mega hotel (che neppure in riviera potrebbero trovare clientele tali da soddisfare centinaia di posti letto), ed ora non ha gli occhi per piangere fa tanto comodo buttare la croce addosso ai notav e invocare lo stato di crisi sperando nelle compensazioni.
 Chiediamo alle donne (e però non solo alle donne), di prendere parola su quello che sta succedendo.
Conosciamo direttamente sulla nostra pelle la violenza, per questo la rifiutiamo, per questo deve fermarsi lo stupro della nostra valle, e deve finire l’autoritarismo militare su un intero territorio.
Fate qualcosa. Ci verrebbe da ribaltare la domanda e dire noi a voi: fate qualcosa.
Aiutateci ad impedire lo stato di polizia permanente in cui ci vogliono far vivere.
Fate qualcosa per denunciare questa campagna di stampa (che non si pone domande, non fa distinzioni, non esamina fatti e cose decisamente incongruenti che pure sono sotto gli occhi di tutti).
Fate qualcosa perché la storia di un movimento popolare come il nostro non venga liquidata manu militarifra le carte di una procura.
Stiamo resistendo perché vogliamo andare avanti, vogliamo vivere in pace nella nostra valle,vogliamo raccogliere i frutti di oltre vent’anni di crescita collettiva su tutte le questioni a noi care: ilfuturo delle prossime generazioni, le risorse del nostro territorio, intervenendo per risparmiarlo,risanarlo, non per rapinarlo; mettendo a disposizione le nostre capacità come alternativa al consumo dissennato e per un uso responsabile e consapevole delle risorse. Vogliamo riappropriarci del nostro tempo per partecipare alla gestione e alla cura della nostra comunità. Liberarci dal tav.
                                               Donne in Movimento Valle di Susa
(per il gruppo DIM Annamaria, Chiara, Daniela, Doriana,
Ermelinda, Patrizia, Paola, Rita ecc )

mercoledì 25 settembre 2013

Lo scrittore Mauro Corona con i NoTav: "La violenza è dello Stato"


ROMA - Dopo Erri de Luca e Ascanio celestini anche lo scrittore Mauro Corona si schiera contro la realizzazione della linea ad Alta Velocità Torino-Lione. "Sono con   i No Tav", ha detto Corona durante un'intervista rilasciata alla trasmissione "La zanzara" su Radio 24.
"La violenza non è partita dai No Tav, ma è partita da una violenza legale, legale, che si fanno le leggi poi infieriscono a casa tua, sui territori", ha puntualizzato lo scrittore friulano, che ha poi aggiunto: " fanno benissimo a difendere il loro territorio con qualsiasi mezzo". Anche con la violenza? "La violenza non è stata da parte loro. Se tu mi attacchi con la violenza io mi difendo. La violenza subdola è quella dello stato a cui non puoi opporti altrimenti vai in galera".



martedì 24 settembre 2013

Venerdì 27 settembre, ore 21 Serge Quadruppani alla Libreria Belgravia Torino




In questi giorni, in cui il movimento NoTav è più che mai sotto l'attacco di procura, magistratura, media, che, privi di argomenti seri e documentati per controbattere alle ragioni del NO (quelle sì serie e documentate), stanno cercando di agitare la paura del terrorismo (ricordiamo che persino Roberto Benigni, in un suo vecchio film, "Il Mostro" appunto,  aveva sbeffeggiato, come solo lui sa fare, tali rozzi meccanismi; sono passati vent'anni da quel film ma sembrano secoli...). Per parlare anche di questo

ricordiamo l'appuntamento con Serge Quadruppani e Maurizio Pagliassotti
Nella  Valle di Susa si sta giocando una partita che ormai va oltre il treno, in questa valle si sta affermando e da questa valle si va sempre più diffondendo una visione del mondo e dell'economia diversa e contrapposta a quella che ormai da decenni lobby economiche e finanziarie tentano di proporci come l'unica possibile. E questa valle è diventata, abbastanza suo malgrado...,  un simbolo - in Italia e non solo - per tutti quelli che non accettano di "non disturbare mai il manovratore".
Per questo il movimento NoTav è oggetto quotidianamente di attività di denigrazione e calunnia da parte dei media.

Solo con ragionamenti razionali, sensati, basati su dati e su informazioni corretti e approfonditi, si può riuscire a smontare la grancassa della propaganda che dai vari giornali, tv, ecc. tenta di non farci vedere le fabbriche che chiudono, gli ospedali che chiudono, gli asili che chiudono, le scuole che cadono a pezzi, i servizi sociali che scompaiono, una città, Torino, in cui i negozi con le seracinesche abbassate sono in numero ormai imbarazzante agli occhi di ciascuno di noi.
E se anche ce li fanno vedere, perché il banchetto degli operai davanti alla fabbrica chiusa e la lacrima (del disoccupato, del familiare del morto sul lavoro, del prossimo candidato alla miseria o del già miserabile) fa sempre folclore e, almeno per qualche ora, un po' di audience; ma "misteriosamente" non si va mai a fondo del perché tutto ciò accade, delle scelte (economiche, finanziarie, politiche) che stanno alla radice di questi disastri. E' la crisi, è la globalizzazione, è il mercato "baby"...
In Valle di Susa da anni ormai il re è nudo, non ci siamo mai stancati di smascherare con ogni mezzo le balle di quelli che sponsorizzano le grandi opere  con l'unico obiettivo di riempire le tasche proprie e dei loro amici, parenti e conoscenti, oltre che ovviamente quelle della mafia (e a volte le tasche coincidono....) e di quelli, sì, miserabili, moralmente miserabili, che sperano con il loro servilismo di arrivare a piluccare almeno le briciole del business.

Tutti coloro che che si sono posti delle domande ed hanno provato a comprendere le ragioni di  un’intera comunità per sgomberare il campo dai pregiudizi, rivendicando il diritto di ragionare con la propria testa – giuristi, intellettuali, giornalisti come Gad Lerner, Erri De Luca, Stefano Rodotà, Gabriele Salvatores, Laura Puppato, tanto per citarne alcuni, hanno subito attacchi feroci dal loro stesso mondo, quello dei media e della politica. Chissà perché....
Salvo poi, lo stesso mondo versare - dopo, sempre dopo - fiumi di inchiostro e di parole sulla Thyssen, sull'amianto, sulla "campagna" della Campania inquinata, sulla devastazione del Mugello, sull'Ilva di Taranto, sugli arresti di questi giorni in Umbria, ecc. ecc. ecc.
Noi della Valle di Susa queste lacrime di coccodrillo non le vogliamo, non vogliamo un processo tra venti trenta o quarantanni, in cui saremo a piangere i disastri ambientali, umani ed economici conseguenti alla costruzione della linea ad alta velocità, ennesima cattedrale nel deserto, e forse anche  a condannare i responsabili ottuagenari/novantenni o i loro "nepotini", noi vogliamo fermare questo disastro adesso e subito. Per farlo abbiamo bisogno del sostegno di tutta l'Italia, abbiamo bisogno che tutte le persone ancora oneste in questo Paese (e lo vogliamo scrivere ottimisticamente con la maiuscola) capiscano che in questa valle non ci sono terroristi ma cittadini che non vogliono essere sudditi, cittadini che credono nell'autodeterminazione, e nell'opposizione allo sperpero del denaro delle nostre tasse. E abbiamo bisogno che tutte queste persone ancora oneste, oltre a capire, si mobilitino, partecipando alle iniziative e supportando il movimento NoTav e tutti i movimenti di opposizione a grandi opere ed  ecomostri vari che nascono ormai come funghi nel nostro Paese e non solo (NoMuos, NoTap, NoNavi, no termovalorizzatori, no inceneritori, ...).
Quando lo stato (questo sì con la minuscola) ha bisogno di recintare un cantiere con filo spinato e di farlo presidiare da ingenti forse di sicurezza, e ciò oltretutto viene  sbandierato sui media come se fosse un merito..., e si avvale di procure e giudici compiacenti per perseguitare i cittadini con motivazioni di provvedimenti cautelari sistematicamente censurate dai giudici di seconda istanza, è evidente che non è per fronteggiare quattro facinorosi terroristi, ma tutta una popolazione "contro" e che non è riuscito a convincere con mezzi democratici, proprio perché argomentazioni ragionevoli per il SiTav non ce ne sono.
E' sufficiente sforzarsi e informarsi un po' di più, andare un poco oltre i soliti giornali e le solite trasmissioni televisive. Quando si comprendono i meccanismi della malainformazione e della malapolitica è facile capire le manipolazioni dei media e scegliere da che parte stare. 

I libri e il  saggio di Serge sono un contributo a questo percorso.
Partecipiamo all'incontro e firmiamo la petizione per Erri De Luca, per sostenere lui e tutti quanti noi,  in tutta Italia...

lunedì 23 settembre 2013

Venerdì 27 settembre e Sabato 28 settembre: Susa e Avigliana teatro NoTav

I am leto

Venerdì 27 settembre
ore 21 "I AM LETO"
spettacolo teatrale a Susa - San Giuliano Presidio NoTav Gemma delle Alpi




Regia di Rita Pelusio, 
con Andrea Bocchicchio.

Ingresso libero

Il Canto di Maddalena_Avigliana 28 settembre

Sabato 28 settembre, 
ore 21, Avigliana: 
IL CANTO DI MADDALENA
borgo medievale, giardino della chiesa di S. Maria Vecchia


Regia di Paolo Senor,

Compagnia "Teatro di Terra" 

Ingresso libero


Spettacolo itinerante sulla passione della Valle di Susa ideato e diretto da Paolo Senor. 
Lo spettacolo fonde il rituale della sacra rappresentazione con quello delle tante manifestazioni straordinariamente partecipate che in questi ultimi anni hanno attraversato la valle, riempiendo esteticamente le stesse degli elementi – memoria, resistenza, passione, ma anche capacità di guardare al futuro con occhi nuovi – che muovono questa terra. Terra che viene incarnata dai corpi delle donne, creative protagoniste del movimento di opposizione all’’Alta Velocità come dello spettacolo. Una rappresentazione che utilizza linguaggi fortemente evocativi, come la danza e il teatro-immagine, la testimonianza, la narrazione poetica e la musica dal vivo, solcando le piazze, le strade dei centri storici e i sentieri della valle. Unendo tutti, attori e spettatori, in un rituale di collettivo riconoscimento delle radici comunitarie.
L’evento è patrocinato dal Comune di Avigliana.


INTERVENIAMO NUMEROSI !!