SOLIDARIETA' CONCRETA

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venerdì 26 luglio 2013

Pecorelle, lupi e sciacalli - questa sera h. 21.00 al presidio di Venaus

Presentazione  del libro:


Nel libro interventi di Erri De Luca, Chiara Sasso, Wu Ming, Maurizio Piccione, Claudio Calia, Spazio sociale VisRabbia, Radio BlackOut, Simone Tufano, Ascanio Celestini, Marco Bruno.

Il ricavato della vendita del libro andrà a contribuire alla copertura delle spese legali e processuali dei no tav vittime della repressione.







giovedì 18 luglio 2013

FILIPPO SOTTILE E LA PICCOLA ORCHESTRA DEI SENTIERI (POS)

IL GIRO DELL'ORSIERA

Andare, Camminare, Raccontare

Pubblichiamo l'invito di Filippo Sottile per un giro a piedi lungo i costoni di un massiccio roccioso, tre viandanti-cantastorie, cinque rifugi in cui suonare, sei giorni di cammino, una dozzina di canzoni.

Di seguito il link al sito di Filippo per ulteriori informazioni sull'iniziativa e sulla POS (e non solo....)

http://filosottile.noblogs.org/post/2013/07/17/il-giro-dellorsiera-la-pos-in-cammino/

Calendario dei concerti:

23 luglio: Rifugio Alpe Balma
24 luglio: Rifugio Selleries
25 luglio: Rifugio Toesca
26 luglio: Rifugio Amprimo
27 luglio: Rifugio Valgravio

domenica 14 luglio 2013

MI BASTAVA UNO SPICCHIO DI CIELO



MI BASTAVA UNO SPICCHIO DI CIELO

Storia documentaria della vita reclusa di Francesco “Sirbone” Catgiu



Pagine 208, 15x21 – 12€



Ai frequenti sequestri di persona che avvenivano in Sardegna, nel corso degli anni Settanta e Ottanta, lo Stato rispose con una feroce ondata repressiva, imprigionando molti sardi in carceri lontanissime dalle loro terre d’origine, al termine di processi costruiti a suon di violenze, ricatti e “collaboratori di giustizia”.
Il caso di Francesco “Sirbone” Catgiu illumina una realtà carceraria fatta di torture, di cattiverie e codardie gratuite da parte di quanti vi lavorano, di giustizialismo cieco, di pene esemplari invocate e di stolida indifferenza, l'indifferenza di chi accetta l’annientamento psicofisico delle persone indocili.
La denuncia delle angherie subite dai suoi carcerieri, la ribellione alle loro violenze nei confronti di altri detenuti, il disvelamento di cosa si nascondesse dietro a una serie di decessi spacciati per “naturali”, tutto ciò Francesco lo ha pagato pesantemente, senza mai deflettere dalla sua posizione di rigore appassionato.
Vi sono infatti individui che riescono a mantenere la schiena dritta, rifiutando ogni “percorso” di ravvedimento e ogni concessione alla logica del “ciascuno per sé”. “Sirbone” è tra questi: un uomo libero che sulla sua strada ha incontrato altri individui liberi, solidali nella lotta contro lo Stato-capitale.

Questo libro racconta e documenta la storia della sua reclusione e la solidarietà cresciuta intorno a lui.



Biografia

Francesco “Sirbone” Catgiu nasce a Orgosolo il 24 novembre 1941 e fino all'età di vent'anni fa il pastore. 
Emigra in seguito in Germania e lavora come operaio edile fino al 1967. Rientrato in Sardegna, nel 1969 parte alla volta di Torino, ove fa ancora l’operaio, e da lì va a Taranto, dove svolge lo stesso mestiere fino al 1972. 
Da Taranto rientra nuovamente in Sardegna e lavora nella fabbrica di Ottana fino al 1976. In quell’anno viene accusato di omicidio; verrà prosciolto nel 1978.
Nel 1982 è accusato di sequestro di persona nell’ambito della maxi-inchiesta denominata “Anonima Gallurese”, un teorema indiziario ideato in particolare dal famigerato magistrato Luigi Lombardini e imbastito facendo ampio ricorso alle “testimonianze” di alcuni presunti pentiti.
Nel 1984, latitante, viene arrestato. Dopo dieci mesi di processo, nel 1985 viene condannato a 29 anni per il sequestro di Leone Concato (rapito in Costa Smeralda nel 1977 e mai tornato a casa nonostante il pagamento di un riscatto).
Nel novembre 1991, la condanna di primo grado verrà ridotta di un anno, dopo un lungo iter di appelli e annullamenti in Cassazione.
Il 12 marzo 2012, con burocratica precisione, il pm di Sulmona rileva che Francesco ha scontato 32 giorni di galera di troppo. Viene quindi definitivamente scarcerato, dopo oltre 28 anni di prigione.


Per richiesta copie:



lunedì 1 luglio 2013

6 luglio Presidio di Venaus ore 21.30 - Non per odio ma per amore - recensione da CarmillaOnLine


Postiamo, fra le molte presenti sul web, la recensione al libro pubblicata su CarmillaOnLine e l'intervista a Paola Staccioli e Heidi Giuliani sul Manifesto di Bologna a febbraio 2013 (link in fondo)

Pubblicato il  · in Recensioni ·
di Cassandra Velicogna
[Non per odio ma per amore, storie di donne internazionaliste, di Haidi Gaggio Giuliani e Paola Staccioli - Prefazione di Silvia Baraldini - Derive Approdi 2012]

Nemmeno 1000 pagine di libri, mille documentari, mille conferenze o mille racconti avrebbero potuto prepararmi a quello che ho visto qui. Rachel Corrie – lettera ai genitori qualche mese prima della morte.

Paola-cover-okQuesto libro è il racconto di una scelta: la lotta. Una scelta presa con coraggio e consapevolezza da alcune donne straordinarie che hanno abbandonato le rassicuranti leggi delle democrazie occidentali per combattere cause internazionaliste. Non le Ulrike Meinhoff o le Margherita Cagol, ma donne poco note, scivolate dal setaccio grossolano della storiografia. Un’operazione memoria che invogli alla lettura per far capire la loro scelta radicale oggi, all’epoca del femminicidio.
Dunque due introduzioni “blasonate” di Silvia Baraldini e Haidi Gaggio Giuliani; sei racconti per entrare, tramite una piacevole prosa di fiction, dentro le vicende di queste guerrigliere, e una folte appendice storica di approfondimento e contestualizzazione. Insomma un lavoro ben fatto.

La prima, raccontata dallo scritto “rimasto nel cassetto 40 anni” da Haidi Gaggio Giuliani è Haydée Tamara Bunke Bider, nome di battaglia Tania (Buenos Aires1937-Vado del Yeso, Bolivia, 1967). Tamara nasce da genitori tedeschi in Argentina, quando cade il nazismo la famiglia ritorna in Germania, est per scelta politica. Il suo impegno e le sue doti si sviluppano nei due continenti: Tamara si sente un po’ sudamericana e un po’ europea, come tanti in quegli anni. La cosa certa è che vuole dedicare la sua vita alla causa della rivoluzione permanente per la liberazione dei popoli oppressi. Per questo, dopo una parentesi cubana si trasferisce in Bolivia dove svolge un lavoro di “intelligence” sotto falso nome. Ben presto si addestra per la guerriglia e segue Che Guevara nell’ ELN (Ejército de Liberación Nacional de Bolivia). Solo un mese prima della famosissima morte di Guevara, Tamara (Tania per i compagni) incontra una pallottola che le strapperà la vita.

La nostrana Elena Angeloni (Milano1939- Atene 1970), invece, fa un percorso un po’ differente. Una vita normale e per questo straordinaria: 31 anni di vita senza tante ambizioni, un impiego, un marito (Veniero) e un figlio (Federico). Poi la svolta. “Voglio girare il mondo” dice e lascia tutto e tutti nella sua Milano per andare in Grecia con il serio intento di per abbattere la Dittatura dei Colonnelli. Sarà lo stesso ordigno che doveva esplodere per castigare la repressione che colpiva duramente i compagni e le compagne greci e internazionalisti impegnati su quel fronte a porre fine alla sua esistenza, a Atene nel 1970.

La storia di Monika Ertl, nome di battaglia Imilla, (Monaco di Baviera 1937-La Paz 1973) è una storia alla Kill Bill. Ma comunista. Pur trasferitasi in America Latina, la tedesca Monika ha il phisique du rôle per entrare inosservata nel consolato Boliviano a Amburgo e uccidere Roberto Quintanilla, il mandante dell’uccisione del Che! Una vendetta in piena regola, il riscatto della rivoluzione proletaria: il Che è morto, ma il suo foco è vivo. Un aneddoto davvero gustoso: la pistola che utilizzò Monika per giustiziare Quintanilla le era stata data da Giangiacomo Feltrinelli! Non ci sono più gli editori di una volta!

Barbara Anne Kistler (Kinem per i compagni) è nata a Zurigo nel 1955. Quando in Svizzera si proclama la Pace del Lavoro, un accordo tra sindacati e padroni per l’interruzione sine die degli scioperi, capisce che per le sue idee non c’è posto. Si affilia così al TKP (ML): un partito comunista rivoluzionario di composizione operaia e contadina che opera in Turchia. Non serviranno i duri anni di carcere nelle poco confortevoli (per usare un eufemismo) galere turche per farla desistere dalla lotta. Dopo un breve viaggio in Svizzera ripartirà per il Kurdistan turco, dove morirà da combattente, con il fucile in mano, nella località di Tunceli, esattamente 20 anni fa.

Penultima storia quella della militante Andrea Wolf , (Monaco di Baviera 1965-Çatak 1998). Nel 1987 Andrea partecipa alla fondazione del gruppo Kein Friede (Senza Tregua) e partecipa alle azioni del Fronte di unità della guerriglia in solidarietà alla RAF, per questo si farà alcuni mesi di carcere. Ma nei primi anni Novanta viene accusata di vicinanza con Klaus Steinmetz: il gruppo Kein Friede vuole farle una sorta di processo per la relazione con l’infiltrato. Non accettando di essere messa alla sbarra dai compagni e dalle compagne, se ne va a combattere con l’Esercito associazione donne libere del Kurdistan. Morirà in battaglia, per mano dei militari turchi.

Ancora oggi, vedere le foto del bel volto di Rachel Corrie insanguinato mi fa sorgere le lacrime agli occhi. C’è poco da dire su Rachel Corrie (Olympia 1979- Rafah 2003). Eppure è una storia che dobbiamo ricordare. Parte dagli States per forte convinzione che la causa del popolo palestinese sia meritevole dalla sua completa attività esistenziale. E’ giovane, è bella e americana. Potrebbe starsene a casa, ma no. Se ne va in quel martoriato pugno di terra che ha subito più di qualsiasi altro posto le angherie e l’ipocrisia dei potenti negli ultimi anni. Vede cose che non vorrebbe vedere eppure ne fa il carburante per la sua esistenza, decisa a fare il possibile per mettere fine all’occupazione, agli infanticidi, alla distruzione delle case, all’arroganza dei coloni. Fa parte dell’International Solidarity Movement, l’ISM e con esso fa valere come può quel passaporto americano come fosse un’arma. Ha solo 24 anni quando il conducente di una ruspa che sta abbattendo una casa palestinese la colpisce a morte con il mezzo. Semplicemente non si è spostata: non ha fatto un passo indietro di fronte all’ingiustizia.

Parlare di Rachel è anche una “scusa” per parlare di Palestina, di Vittorio Arrigoni e della situazione dell’indomito popolo palestinese. Le parole spese in questo senso non sono mai abbastanza.Ho raccontato sinteticamente delle storie, le storie di questo volume. Tuttavia non ho raccontato nulla: i racconti infatti non hanno queste donne come protagoniste, ma come soggetto. Le storie che Haidi Gaggio Giuliani e Paola Staccioli mettono in campo non sono la biografia sintetica e romanzata delle combattenti in questione, ma storie i cui personaggi hanno interagito in qualche modo con loro. Quindi le realtà indagate si moltiplicano, si entra in contesti e vicende differenti come in un romanzo storico. La narrativa si mette così al servizio della memoria. Consiglio un esercizio di immedesimazione, quotidiano, con queste donne che hanno preferito lasciare i confini perimetrali delle loro libertà di cittadine delle democrazie occidentali per lanciarsi nell’avventura della rivoluzione: il cambiamento del mondo dipende dalla capacità di rischiare e di stare dalla parte giusta che ognuna di noi può mettere in campo.

Vorrei obbligare a leggere questo libro quella povera infelice che dopo aver subito un tentativo di omicidio da parte del fidanzato è tornata a vivere con lui “perché lo ama”. L’amore è un’altra cosa: questo libro parla proprio di questo.

Intervista: