SOLIDARIETA' CONCRETA

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domenica 28 settembre 2014

RITA PELUSIO - EVA DIARIO DI UNA COSTOLA

IL GIORNO CHE EVA MANGIO' LA MELA 
NON NACQUE IL PECCATO
MA LA 
DISOBBEDIENZA!


Sabato sera al Salone Don Bunino di Bussoleno, Rita Pelusio ha offerto al popolo no tav, e a tutti quelli che si sono presentati (perché non siamo razzisti....) un esilarante spettacolo che parte da una scelta però molto seria, forse la scelta più grande dell'umanità: accettare le regole o disubbidire?

Una trasgressione all'insegna della scoperta, di cui la mela è simbolo: morderla o non morderla? 

In un misto di consapevolezza e disincanto, Eva si chiede cosa succederà dopo, proiettandosi nella contemporaneità delle donne di oggi. Dall'adolescente in piena crisi ormonale alla suora in crisi mistica, dalla madre di figlio maschio alla prostituta rumena, dalla manager multitasking all'anziana innamorata: umane nella loro imperfezione raccontano il coraggio di chi ogni giorno combatte per la propria felicità.

La regia è di Marco Rampoldi e i testi di Alessandra Faiella, Marianna Stefanucci, Riccardo Piferi.


Lo spettacolo era ad offerta libera e tutto il denaro raccolto andrà per le spese legali del movimento NoTav.


Ancora un grazie a tutti e in particolare a Rita, brillante e travolgente, per la serata di risate e di freschezza che ci hanno regalato, e sappiamo quanto ne abbiamo bisogno...


Stiamo accettando tutto quello che ci impongono (e non solo in relazione a treni e grandi opere!), facendoci pensare che non ci sia altra soluzione. Invece è solo dando quel morso che possiamo sperare di cambiare.






Per maggiori informazioni su questa bravissima attrice comica consultate direttamente il suo sito:  http://www.ritapelusio.com/








venerdì 7 marzo 2014

8 MARZO 2014 UNA GIORNATA DI LOTTA PER L'AUTODETERMINAZIONE



h.14.30 Concentramento da Piazza Vittorio
Partenza da Bussoleno in treno ore 12.18
Con tutti i mezzi che vogliamo ma partecipiamo!
Anche quest’anno portiamo il nostro contributo alla giornata dell’otto marzo, storica data che ci ricorda il prezzo che le donne pagano  quando diventano protagoniste della loro vita e attive nelle lotte sociali.
In quell’otto marzo degli inizi del novecento, un centinaio di operaie bruciarono all’interno di una fabbrica occupata: chiedevano migliori condizioni di lavoro, diritti.
A più di cento anni di storia molte cose abbiamo cambiato provando ad uscire dallo schema madre-sposa e conquistandoci sempre più spazi, in quanto persone con una propria testa e propri desideri.
Riteniamo inaccettabili il tentativo di modificare la legge 194 che regolamenta l’aborto, la mafia degli obiettori, la difficoltà di accesso alla procreazione assistita.
Così come consideriamo un attacco all’autodeterminazione delle donne anche la mancanza assoluta di sostegno economico e servizi a quelle che scelgono di avere figli, la mercificazione della sessualità , l’impossibilità di scegliere la propria sessualità fuori dai modelli culturali imposti , il femminicidio…
Tutto questo è la conseguenza di un sistema che si impone con l’autoritarismo e la violenza.
La nostra ventennale lotta al progetto-rapina del Tav ci ha portato ad avere maggiore consapevolezza dell’importanza del nostro impegno sociale. Una responsabilità verso noi stesse, ma anche verso le generazioni future alle quali non vogliamo lasciare né debiti né scempi.
Siamo state molto colpite dalle testimonianze di altre donne come noi che vivono il loro impegno per la difesa del territorio, ma che oggi sono costrette a raccontare dei loro tumori al seno o all’utero, dei bambini che si ammalano di leucemie e di una terra una volta fertile che ormai produce solo più veleno.
Noi ci siamo mobilitate, perché questo non si verifichi in futuro in Valsusa.
Decenni di cantieri, polveri sottili e falde acquifere inquinate farebbero della nostra bella valle un deserto costringendo intere generazioni ad un esodo forzato. Verso dove? Verso la città, dove le fabbriche chiudono, le famiglie diventano morose, perché scelgono di sfamarsi prima di pagare l’affitto, dove il lavoro non c’è, e quando c’è è precario, malpagato, sempre più femminilizzato, cioè ridotto a puro sfruttamento?
Le donne sono le prime a pagare i costi sociali delle scelte economiche. Se i soldi vengono usati per la malaopera non ci saranno per  i nostri ospedali, per le scuole, per i servizi sociali. Noi , le donne, saremo chiamate a sostituirli, gratuitamente, molto  più di quanto ampiamente già facciamo.
La violenza della cultura patriarcale verso le donne l’abbiamo sperimentata in Valsusa in molti modi: attraverso l’arroganza dei politici e dell’informazione dominante nei confronti delle cittadine, considerate ignoranti e retrograde se vogliono conservare e difendere la terra, ma anche nella violenza fisica e verbale delle forze dell’ordine, su mandato dei diversi governi.
Violenza che abbiamo subito coi nostri corpi malmenati, le nostre carcerazioni, con gli insulti malcelati delle guardie – ma non solo delle guardie – che si chiedono perché tutte queste donne non se stiano a casa. Ricordiamo per tutte/i Marta,  picchiata e molestata dai poliziotti nel corso del suo fermo..
Più di seicento indagati, la condanna ad una multa di 215.000€ da pagare ad Lft, ed ora Chiara, Claudio, Niccolò e Mattia sono in carcere dall’inizio di dicembre 2013 con un’accusa assurda e pesantissima come quella di terrorismo.

Chiediamo a tutte/ì di avere la curiosità di capire con la propria testa, di non accontentarsi dell’informazione che viene dai media, di venirci a trovare in Valsusa ed incontrarci per capire le ragioni di questa lotta ventennale per la autodeterminazione nelle scelte politiche ed economiche che riguardano i territori e i beni comuni.
Noi il nostro futuro lo vogliamo vivere in valle.
CHIARA, CLAUDIO, MATTIA, NICCOLO’ LIBERI !  Questo 8 marzo lo dedichiamo a voi.
LIBERE/I TUTTI !                                                                                                                                       
Le donne NoTav dalla Valle

mercoledì 2 ottobre 2013

FATE QUALCOSA!!!



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Fate qualcosa.
La rete di persone che in questi lunghissimi anni è stata tessuta in Italia e anche all’estero si fa viva con telefonate, e-mail, sms per chiedere che si faccia qualcosa (con urgenza), che ci si materializzi per cercare di arginare la valanga di fango che scientificamente orchestrata tenta di sommergerci. (Fate qualcosa).  Ma come, ancora? Pensavamo di aver fatto e detto/di tutto. Cos’altro ci dobbiamo ancora inventare? Strano come questa domanda rappresenti bene il quotidiano femminile (domanda storica). Sempre pronte ad interrogarci a inizio come a fine giornata: Ho dimenticato qualcosa? E’ tutto a posto? Ho fatto tutto? (come sempre e sempre di più delegate a coprire le mancanze dello stato sociale).
Questa volta in ballo c’è la difesa di un grande movimento popolare, di più, c’è una storia di oltre vent’anni dove ogni giorno è stato vissuto con intensità. Migliaia di persone quotidianamente hanno contribuito a renderla concreta mettendoci la faccia, portando idee, rendendosi disponibili, finanziandola. Una lotta, un’esperienza di territorio che molti non esitano a definire unica e che è partita e ha messo le sue basi non su un preconcetto ideologico ma studiando i progetti, i flussi di merci, l’impatto ambientale, i costi, verificando sul campo i dati in possesso. Negli anni è cresciuta anche la consapevolezza di avere fra le mani, di veder crescere qualche cosa che va oltre la semplice opposizione ad una grande opera inutile e devastante. Un modello di presa di coscienza collettiva che difficilmente può retrocedere, anzi, si allarga assumendo in sé tutti i temi più attuali: dal lavoro, ai servizi, alla sanità ecc. Partecipando e interrogandosi sempre.
Come ora. Ci si interroga sui fatti accaduti, sul significato che tutto questo assume, è un clima pesante, opprimente e sentiamo soprattutto ingiusto. E’ tale la violenza del linguaggio usato, la sproporzione dei racconti sui fatti realmente accaduti che vengono a mancare le parole per spiegare ai nostri figli increduli (e smarriti). Vediamo e sentiamo raccontare da giornali e Tv una storia che Non ci appartiene. Non siamo un problema di ordine pubblico, siamo una risorsa per questo Paese, siamo una risorsa perché in tutti questi anni il movimento è diventato una comunità critica, consapevole, che sa scegliere. E’ questo che fa paura?
Rivendichiamo il diritto alla partecipazione e alla gestione della cosa pubblica nel rispetto del bene comune e della volontà della popolazione.
Fate qualcosa, ci chiedono da tutte le parti.
Possiamo per esempio fare due conti (siamo abituate a far quadrare bilanci), e dunque siamo consapevoli dello spreco enorme di denaro pubblico sia per l’opera e sia per la badanza armata all’opera. E’ evidente che le dichiarazioni dei ministri che si dicono pronti a sborsare laute ricompense facciano venire l’acquolina in bocca a molti: imprenditori avvezzi a trafficare con fatture false, giri strani, fallimenti e nuove società a scatole cinesi. A chi ha sperato di guadagnare dalle olimpiadi costruendo mega hotel (che neppure in riviera potrebbero trovare clientele tali da soddisfare centinaia di posti letto), ed ora non ha gli occhi per piangere fa tanto comodo buttare la croce addosso ai notav e invocare lo stato di crisi sperando nelle compensazioni.
 Chiediamo alle donne (e però non solo alle donne), di prendere parola su quello che sta succedendo.
Conosciamo direttamente sulla nostra pelle la violenza, per questo la rifiutiamo, per questo deve fermarsi lo stupro della nostra valle, e deve finire l’autoritarismo militare su un intero territorio.
Fate qualcosa. Ci verrebbe da ribaltare la domanda e dire noi a voi: fate qualcosa.
Aiutateci ad impedire lo stato di polizia permanente in cui ci vogliono far vivere.
Fate qualcosa per denunciare questa campagna di stampa (che non si pone domande, non fa distinzioni, non esamina fatti e cose decisamente incongruenti che pure sono sotto gli occhi di tutti).
Fate qualcosa perché la storia di un movimento popolare come il nostro non venga liquidata manu militarifra le carte di una procura.
Stiamo resistendo perché vogliamo andare avanti, vogliamo vivere in pace nella nostra valle,vogliamo raccogliere i frutti di oltre vent’anni di crescita collettiva su tutte le questioni a noi care: ilfuturo delle prossime generazioni, le risorse del nostro territorio, intervenendo per risparmiarlo,risanarlo, non per rapinarlo; mettendo a disposizione le nostre capacità come alternativa al consumo dissennato e per un uso responsabile e consapevole delle risorse. Vogliamo riappropriarci del nostro tempo per partecipare alla gestione e alla cura della nostra comunità. Liberarci dal tav.
                                               Donne in Movimento Valle di Susa
(per il gruppo DIM Annamaria, Chiara, Daniela, Doriana,
Ermelinda, Patrizia, Paola, Rita ecc )

domenica 30 giugno 2013

NON PER ODIO MA PER AMORE

ore 19.30 cena
ore 21.30 con Heidi Giuliani, Paola Staccioli, Silvia Baraldini. Letture, interventi, video.
ore 23.00 musica DJ SET Affinity

La presentazione è inserita nelle iniziative al femminile "SAPERI E SAPORI" (6 e 7 luglio) organizzate dal Campeggio No Tav 2013


Scheda approfondite e altre informazioni sul libro al sito di DeriveApprodi:



mercoledì 29 maggio 2013

FRANCA RAME


Possiamo dire: "non è un bel periodo"....

dopo Don Andrea Gallo, oggi se ne è andata anche Franca Rame


Franca Rame

Fra i fiumi di inchiostro e di byte che si sono riversati in queste ore sulla carta e sul web, scegliamo per ricordarla l'articolo di Monica Lanfranco su Il Fatto Quotidiano, anche perché, fra i mille fronti di lotta politica e civile in cui era coinvolta l'artista, fa riferimento al suo impegno sul tema della violenza sulle donne, tema, purtroppo, sempre e più che mai di attualità in questi giorni:







Il grande cuore di Franca
di Monica Lanfranco - 29 maggio 2013

Per chi appartiene alla generazione degli anni ‘60, per chi ha fatto politica e attivismo a sinistra e nei movimenti delle donne Franca Rame è stata prima di tutto una voce, e un corpo. La sua parole scandite con voce arrochita nei teatri italiani, la sua presenza scenica potente, pure nella strabordante preminenza di quella del suo compagno Dario Fo sono vivissime nella mente di chi ebbe la fortuna di ascoltarle.
Quelle parole, in particolare: la sua testimonianza di stupro. Con un coraggio straordinario Franca Rame dette voce a tutte le donne violentate, in tempi in cui ancora poco si parlava di stupro. Calcò la mano sulla matrice dell’odio maschile verso di lei, verso il suo corpo di donna, che in quel caso veniva da uomini fascisti che la odiavano perché comunista, ma riuscì a mettere in luce, forse per la prima volta in modo chiaro e preciso, che la violenza sul suo corpo andava oltre il disprezzo politico: era la punizione scelta nei suoi confronti perché era una donna, prima di tutto, e una donna la si violenta per distruggerla, mortificarla, annullarla. Un messaggio per lei, e per le altre. Tutte.
Ascoltai quel monologo a Genova, in un teatro periferico perché erano tempi nei quali la proposta Fo/Rame non poteva calcare le scene dei teatri accreditati dai salotti buoni. Lo stupro di Franca, raccontato da lei pubblicamente nonostante le minacce di morte ricevute dai suoi aguzzini, diventato un pezzo di storia dolorosa del percorso della libertà delle donne italiane, oggi viene per fortuna rilanciato attraverso i social media e la rete, e va condiviso e proposto nelle scuole, così come anche il documentario Processo per stupro, che la Rai trasmise a ora tarda scatenando le ire di mezzo paese.
Il monologo di Franca Rame non fu sempre accolto, anche a sinistra, con benevolenza: accanto infatti all’ovvia acredine fascista, che si rovesciò su di lei giubilando perché una “cagna comunista era stata giustamente punita” ci fu chi stigmatizzò il suo “eccesso femminista”: Franca Rame andava bene finché stava in ombra a fianco del grande Dario, ma quando si mise in prima fila con quell’outingruppe, anche a sinistra, un tabù.
In un’intervista che ebbi la fortuna di farle proprio dopo quella esibizione genovese mi disse, lei che era stata violentata da squadristi di destra: ”La violenza sulle donne non ha colore, è fatta sulla donna perché è una donna. E viene da ogni parte.”
Una affermazione, allora come ora, di enorme coraggio e lucidità.

giovedì 1 novembre 2012

DonneInMovimento


In attesa del nuovo evento del 17 e 18 novembre, organizzato dalle Donne NoTav, ecco il manifesto dell'iniziativa.


DonneInMovimento

No Tav e Giornata internazionale contro la violenza sulle donne

Aggredire deriva dal latino e significa assalire con violenza e all'improvviso. Sorelle, madri, figlie, bambine. Troppe donne, troppo spesso, sono aggredite dentro e fuori la famiglia, stuprate, usate, schiacciate, cancellate dalla brutalità maschile. Sono ben novantotto le donne, vittime di violenza, uccise da inizio anno in Italia. Quasi una ogni due giorni.
In valle di Susa, come in qualsiasi luogo della terra, noi donne abbiamo il dovere di denunciare e lottare contro questa violenza maschile.
In valle di Susa, ci troviamo anche nella necessità di lottare contro la violenza dello Stato e delle mafie nei confronti della terra. Vogliono imporci la devastazione del territorio con un'opera dannosa per la salute, per l'ambiente e che ipoteca il nostro presente ma anche il futuro di tutte le figlie e tutti i figli dell'avvenire.
Per questo, in occasione della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne vorremmo che tutte le donne valsusine si sentissero coinvolte nel dar vita a una due giorni di eventi a tutto tondo, che indicativamente si potrebbe svolgere nel fine settimana del 17 novembre. L'idea è quella di coinvolgere attrici, artiste, artigiane, hobbiste, intellettuali, scrittrici, fotografe e tutte coloro che hanno idee e voglia di proporre, per creare non soltanto una giornata da vivere con la comunità tutta, all'aperto, ma anche una serie di eventi di approfondimento sul tema della violenza contro le donne e contro la terra.
Il fine settimana si concluderebbe con una passeggiata in val Clarea per rendersi conto con i propri occhi di quello che la violenza delle lobby economiche è in grado di masticare e distruggere.
Chiediamo a tutte le donne che hanno un'eco più grande, grazie ai successi personali ottenuti nel corso degli anni, di condividere questo nostro manifesto e di aderire – anche solo formalmente nell'impossibilità dell'essere presenti di persona – affinché la voce delle donne della valle di Susa possa essere ascoltata, discussa, condivisa.