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giovedì 7 febbraio 2013

Cultura. Intervista a Michael Gregorio, alias Michael Jacob e Daniela De Gregorio, autori del libro Boschi & Bossoli

L'UMBRIA IN VAL DI SUSA
DI MAURIZIO FRATTA


Ispirandosi a un fatto di cronaca accaduto alcuni anni fa a Spoleto, i due autori hanno scritto Boschi & Bossoli, un noir in cui alcuni giovani sono accusati di ecoterrorismo. Un monito per chi, come No Tav, protesta legittimamente contro realizzazioni che distruggono l'ambiente


Michael Gregorio, alias Michael Jacob e Daniela De Gregorio, insegnano lui inglese lei storia e filosofia a 'Spoleto. Con una trilogia - Critica della ragion criminale, I giorni dell'espiazione, Luminosa tenebra, pubblicati in Italia da Einaudi e tradotti in tutto il mondo - si sono affermati come autori di thriller che ricordano le atmosfere dei romanzi gotici di fine Ottocento. Ad aprile di quest'anno Verde-Nero pubblica Boschi & Bossoli una storia che prende lo spunto dalle cronaca dei nostri giorni.

Dalle indagini del magistrato allievo di Kant alle pallottole della mafia. Come vi è venuta l'idea?
«Per quanto riguarda la così detta "ispirazione" letteraria, siamo pronti a cogliere qualsiasi stimolo. Ad esempio è stata la nostra curiosità per alcuni strani aspetti della personalità di Immanuel Kant a spingerci nel nostro primo libro Critica della Ragion Criminale ad affrontare quello che il filosofo chiamava "il legno storto della natura umana". L'ingrediente più importante per scrivere un romanzo è un accadimento o un mistero che catturi l'interesse dei lettore. Ma prima ancora deve aver catturato quello dello scrittore. Abbiamo ambientato i nostri romanzi "gialli" nella Germania dell'inizio dell'800, uno scenario fortemente gotico che può ricordare i racconti di Hoffmann o le favole dei fratelli Grimm. È lo scenario dove il nostro giovane magistrato Hanno Stìffeniis si muove per risolvere crìmini feroci seguendo le intuizioni di Kant. È proprio il filosofo della razionalità a far entrare il giovane Procuratore nei meandri oscuri della irrazionalità umana. Scrivendo delle indagini di Hanno Stìffeniis, noi ce ne stavamo rintanati fra   le nebbie gelate del nord Europa. Ma "accadimenti" e cose strane succedono anche nella vita reale. E qualche volta succedono anche molto vicino a te, non importa quanto "rintanato" sei stato. Succede che una mattina c'è un blitz dei carabinieri a Spoleto in un appartamento accanto al nostro. Non pochi uomini, ma ben 108 arrivano da tutte le parti, anche dal cielo con tute mimetiche. Una scena da film. Arrestano cinque giovani spoletini con l'accusa gravissima di eco-terrorismo. E noi conoscevamo alcuni dei ragazzi - due di loro erano i nostri vicini di casa. Insieme a loro, ma anche con molte
altre persone, centinaia di altri cittadini, avevamo manifestato contro alcuni scempi costruiti a Spoleto. Quell'arresto fatto con quelle modalità ci colpì con il fragore di una bomba. Per mesi questa vicenda kafkiana è stata nelle nostre menti. Non riuscivamo a capacitarci del dispiegamento numericamente abnorme delle forze d'ordine per prendere non Totò Riina, ma cinque "ragazzini" che avrebbero potuto essere prelevati con un paio di macchine. Un editore della casa editrice VerdeNero-Ambiente, Alberto Ibba, aveva letto un articolo che parlava di questa vicenda, sapeva che noi scrivevamo gialli e abitavamo a Spoleto. VerdeNero è una collana molto originale e interessante che pubblica thrillers con un taglio di denuncia. Noir di ecomafia che sono un po' la "cifra" dei gialli all'italiana. Con VerdeNero hanno pubblicato le firme più importanti del noir italiano da De Cataldo a Carlotto a Lucarelli. Alberto ci ha contattato chiedendoci se ci interessava inventare una storia che somigliasse un po' a questa vicenda. Noi ci siamo guardati: Michael Gregorio che scrive gialli ambientati nella gotica Germania e con Kant come protagonista, che si mette a scrivere di cose ambientate nell'attualità e con risvolti da thriller di ecomafia? Uhm... La nostra agente inglese ci ha chiesto se eravamo matti. A noi invece la risposta è venuta subito e spontanea. Sì, ma certo! Così abbiamo preso una "vacanza" dall'Ottocento per mettere le mani su una storia moderna, contemporanea e molto molto cattiva. Una storia di mafia e di malaffare ambientata in un luogo verde, idillico e remoTo. È venuto fuori Boschi & Bossoli».

Che sia l'Umbria o una qualsiasi altra regione del Centro Italia dal vostro racconto emerge un'immagine di un territorio molto diverso da quella oleografica cartolina con la quale ci si ostina a descriverlo.
«Potrebbe essere l'Umbria, o qualsiasi altro posto, fuori dai grossi centri. Un luogo che viene colpito da un disastro naturale e che ha bisogno di essere ricostruito. I soldi arrivano e intorno al luogo verde, bello, da "cartolina", i lupi cominciano a ululare. Sono quelli che vogliono fare soldi e speculare. Aiutati dai politici di turno senza cultura che spacciano l'edificazione selvaggia per progresso e modernità. Che spacciano lo sviluppo di una zona con i metri cubi di cemento che la ricoprono. Che se ne fregano del paesaggio, delle caratteristiche architettoniche e artistiche dei piccoli centri e li vorrebbero far somigliare alle periferie delie metropoli. Quando dunque il delicato equilibrio fra paesaggio, cultura e arte viene sconvolto da una calamità - un terremoto in questa istanza - le conseguenze non sono solo quelle prodotte dal disastro naturale, ma anche quelle che vengono determinate dall'appetito dei "lupi" che accorrono intorno alla vittima. Ricordiamo tutti ancora le risate di quell'imprenditore intercettato al telefono che gioiva del terremoto che aveva appena portato morte e distruzione». 

Nel numero di dicembre de l'altrapagina un giornalista,Claudio Lattanzi, parlando del suo nuovo libro (I padrini dell'Umbria), ha detto che la Regione gli appare come una foresta fossile tanto immutabile è il sistema di controllo esercitato dalle lobby, in primis quella politica. Quali sono gli intrecci che descrivete nel vostro romanzo? «Claudio Lattanzi ha detto tante cose importanti riguardo alla nostra Regione. Il suo La Mafia in Umbria - l'invasione di un territorio lo abbiamo letto dopo che noi avevamo già scritto Boschi & Bossoli e ci ha confermato tante delle nostre "intuizioni" con la sua ricerca meticolosa dei fatti di cronaca nera. La nostra ovviamente è una storia romanzata. Personaggi inventati, connessioni che servono alla struttura narrativa per rendere il libro il più possibile quello che gli anglosassoni definiscono un "page-turner", cioè una storia che ti spinge a voltare le pagine e, magari, a stare su la notte per vedere come va a finire. Soprattutto, scrivendo, devi rendere ben chiare le motivazioni per cui i personaggi agiscono. Il "fattore umano" insomma che il cronista può permettersi di ignorare. Gli "intrecci" del nostro romanzo sono costruiti con quello che succede e che le cronache propongono, ma poi interviene lo scrittore che inventa, diciamo così, collegamenti e intrecci. Che ti racconta anche quello che c'è nella testa dei personaggi. Per questo, spesso, un romanzo può essere ancora più chiaro di una cronaca giornalistica nel descrivere quello che è successo. Perché si può permettere di "inventare" quello che potrebbe essere successo senza doverlo dimostrare. Noi sappiamo, ad esempio, che cinque giovani sono stati arrestati ed accusati di eco-terrorismo. Ma come scrittori possiamo "inventare" le ragioni che lo hanno determinato. Certo una regola che anche lo scrittore deve rispettare è quella della plausibilità di ciò che narra».

L'arresto di un gruppo di ecoattivisti è l'elemento centrale del vostro racconto. L'accusa di associazione terroristica - si legge in seconda di copertina - serve a sviare l'attenzione dai veri pericoli mafiosi ed affaristici e l'operazione mediatico-militare che ne consegue deve servire da esempio per tutta Italia: un monito soprattutto per i No Tav della Val Susa. Il 10 dicembre, nell'ambito dell'iniziativa Una montagna di libri contro il Tav alla quale hanno aderito numerosi scrittori ed editori, avete presentato Boschi & Bossoli alla presenza dei leader di quel movimento. Che idea vi siete fatti di quel popolo e delle loro lotta? 
«La visita a Bussoleno è stata un esperienza indimenticabile per noi. Le analogie con quello che succede nel nostro libro le avevamo già chiare e ci sono state ancora più chiare quando siamo stati in quei luoghi. Un'arma contro una protesta forte e motivata come quella del movimento No Tav, variegato, che accoglie persone molto diverse anche per età, unite dal rifiuto a qualcosa che pensano sia dispendioso, non necessario e impattante per quell'aerea, è quello della criminalizzazione. Come succede ai giovani anarchici in Boschi & Bossoli. Si mette dentro qualcuno con l'etichetta di anarco insurrezionalismo e si spera che il movimento si spezzi e le proteste finiscano. Quello che ci ha sorpreso ed entusiasmato della gente No Tav della Val di Susa è stata proprio la forza con cui stanno sostenendo da anni le loro posizioni. La loro capacità di ritrovarsi, discutere e resistere a qualcosa che sentono come una imposizione voluta da altri, per gli interessi di altri. Ci avevano invitato a parlare di Boschi & Bossoli e per i due giorni che siamo rimasti foro ospiti (e la loro è stata una ospitalità da vecchi amici anche se non ci conoscevamo prima) abbiamo cercato di capire quale sia il segreto di questa loro forza. Beh, alla fine ci siamo detti che il segreto era solo che sono convinti di quello che fanno e determinati a continuare a farlo».

Due giorni dopo siete stati invitati a parlare al Noirfest di Courmayeur dove il vostro libro era tra i finalisti del Premio Scerbanenco. Un contesto davvero tanto diverso?
«Eravamo già stati nel 2007 al Noirfest di Courmayeur e conoscevamo molte persone lì. Amici che amano il noir, che lavorano nell'editoria, nei giornali e nel cinema. Quest'anno siamo stati invitati non solo perché eravamo nei quindici finalisti al premio Scerbanenco che è per noi, crediamo, un "unicum" visto che il nostro Boschi & Bossoli è l'unico libro che abbiamo scritto in italiano (tutti gli altri, pubblicati da Stile Libero Einaudi sono tradotti dall'inglese e quindi non potevano partecipare al premio), ma anche perché il nostri libro parla di mafia e una sezione del Festival era dedicata alle mafie. L'ambiente è molto diverso dalla Val dì Susa, ovviamente. Meno "militante" anche se chi ci partecipa possiamo considerarli i soldatini del noir. Ma è stato solo un modo diverso di far conoscere e far parlare di Boschi & Bossoli e della storia che racconta».»

da l'altrapagina (mensile di informazione, politica e cultura) - gennaio 2013




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